E’ difficile stabilire cos’è che rende un’idea migliore di un’altra, quali sono i processi, le conoscenze e i ragionamenti che danno il via alla creazione di libri di successo, visto che lo stesso concetto di creatività è inafferrabile.
Le opere che siamo soliti definire come innovative hanno spesso saputo giocare accuratamente con materiale conforme alle aspettative, ed è da questo che scaturisce la loro efficacia. Ma, per potersi discostare in modo significativo dalle norme riconosciute, bisogna anche conoscere a menadito i modelli da cui prendere spunto. Picasso, per esempio, sapeva esattamente quali norme e convenzioni stava sfidando con la sua arte.
Molte idee creative, quindi, prendono forma da una piccola alterazione dell’immaginario comune. Questo tipo di idee possono essere concepite semplicemente ponendosi la classica domanda Cosa accadrebbe se?
La maggior parte delle opere della creatività – libri, film, giochi, pitture, pubblicità, ecc. – derivano dalla produzione di questo tipo di scenario ipotetico, anche se, come sappiamo, non è detto che funzionino sempre. Avere delle idee è facile, si possono produrre una montagna di idee mediocri e poi all’improvviso salta fuori quella unica e sola che vale la pena perseguire.
E’ qui che entra in gioco la What if Machine, sviluppata in sinergia da cinque tra le migliori università europee nell’ambito del Creative Computing. Si tratta di un programma in grado, non solo di generare storie di fantasia, ma di giudicare perfino il loro potenziale, in quanto a utilità ed attrattiva.
Estraendo dei testi dal web (come archivio di fatti “veri”), WHIM produce una serie di “what if” utilizzando tecniche di elaborazione del linguaggio naturale. Le combinazioni ottenute, che potrebbero essere una semplice frase, o qualcosa di più elaborato, come un racconto, un gioco o un’immagine, vengono poi valutate dagli utenti per stabilirne l’effettivo valore.
E’ proprio l’intervento umano che consente al programma di acquisire gradualmente una comprensione più raffinata degli elementi che determinano la qualità di un racconto: la relazione tra gli eventi, gli espedienti narrativi, i tropi, la plausibilità della narrazione.
“Si potrebbe obiettare che la narrativa è soggettiva, ma ci sono modelli”, ha spiegato Simon Colton, coordinatore del progetto. “Se il 99% delle persone pensa che un comico è divertente, allora potremmo dire che il comico è divertente, almeno nella percezione della maggior parte delle persone.”
Secondo il professore del Goldsmiths College, WHIM è un antidoto per quei sistemi di l’intelligenza artificiale ideati per imitare la realtà, con risultati non proprio eccellenti. “Siamo tra i primi ad applicare l’intelligenza artificiale alla finzione”.
“Siamo già al lavoro con persone di varie professioni per cui l’ideazione automatica potrebbe essere utile: marketer, artisti, sviluppatori di giochi… Ci sono piani per trasformare i racconti in video giochi, e un’altra iniziativa importante prevede la progettazione computazionale di un musical teatrale: la trama, i set e la musica. L’intero processo è stato girato per un documentario”.