Forse per una questione di linguaggio ci risulta più difficile comprendere la differenza tra uno scrittore e un narratore. L’inglese rende certamente meglio l’idea: writer vs. storyteller; due ruoli ben distinti per stili e obiettivi.
Così li descrive, ad esempio, Richard Ridley:
Gli Scrittori sfidano il lettore, non con trame intricate e colpi di scena inaspettati, ma con il linguaggio. Perfino le frasi più semplici nascondono più di un significato. Lo scrittore pianta un messaggio nascosto all’interno della storia e non è affatto preoccupato se il lettore lo trova o meno. Pensate a Herman Melville, William Faulkner, James Joyce, David Foster Wallace.
I Narratori spesso creano trame complesse e coinvolgenti, utilizzando un linguaggio per la maggior parte semplice e diretto. Piuttosto, amano incantare il lettore con una conclusione inaspettata che lo lasci senza fiato. Pensate a Stephen King, Dan Brown, John Grisham, James Patterson.
Non vi riporto questi estratti per aprire un dibattito su chi sia migliore, se gli scrittori facciano vera letteratura e gli storyteller solo marketing. Mi sembra più interessante tentare di capire quando e come è importante assumere un ruolo o l’altro, soprattutto in un’epoca in cui una storia può essere veicolata attraverso molteplici canali e per tentare il successo non è strettamente necessario scrivere un libro, ma diventano fondamentali il contenuto e la sua adattabilità.
Gli autori che consideriamo veramente di successo oggi, pensate a Neil Gaiman o Margaret Atwood, sono riusciti nell’impresa di coniugare la grande scrittura con la grande narrazione.
Come scoprire se siete narratori o scrittori?
Forse non si sceglie di essere scrittori o narratori, almeno non consapevolmente. Probabilmente il proprio percorso viene influenzato dalle naturali inclinazioni creative e dagli interessi personali. Cosa ci piace leggere, quali sono i nostri obiettivi.
Se tra di voi c’è qualcuno che desidera essere il prossimo Charles Dickens, ma legge soprattutto romanzi thriller e pulp, allora, l’obiettivo potrebbe non essere in linea con la vostre vere passioni.
Ci avete mai pensato?
Mentre una storia che è solamente divertente ci offre un momento di evasione, un’opera di grande narrativa punta a lasciare un segno che sia duraturo. Uno dei motivi per cui i drammi di Shakespeare continuano a essere interpretati ancora oggi è per il modo che hanno di evidenziare le verità sulla condizione umana.
Di una storia divertente spesso a trascinarci è la trama o gli avvenimenti, più che l’evoluzione del personaggio e le motivazioni sottostanti. Ma i personaggi davvero memorabili sono quelli imperfetti, incoerenti, quelli che commettono errori e anche se non sempre questi conflitti sono evidenti o espliciti in un’opera, la grande letteratura ci mostra tratti che fanno parte della personalità di ognuno.
Le storie che racchiudono la vera grandezza hanno il potere di cambiare il modo in cui guardi il mondo e soprattutto a te stesso.
Come tradurre in pratica tutti questi bei concetti? Per cominciare ponendosi le giuste domande, ecco perché vi propongo l’estratto di un pezzo in cui mi è capitato di imbattermi, intitolato “The Greatness Checklist”: 8 quesiti che vi torneranno utili se è alla grandezza che puntate con la vostra scrittura.
La storia fa luce sulla condizione umana? In quale modo?
I personaggi agiscono nel loro interesse personale o sono solo ingranaggi nella trama?
Che cosa dice la storia sulla società in generale, anche se non esplicitamente dichiarato?
Se qualcuno già conoscesse le svolte della trama, avrebbe ancora un motivo per leggere il libro?
I personaggi sono complessi, frutto di una miscela di difetti e virtù realistici?
Il simbolismo è usato in modo efficace nella storia?
Traccia idee e personaggi archetipici?
I lettori ne trarranno benefici a lungo termine?
Per approfondire: le 6 caratteristiche della buona scrittura.
2 risposte
Secondo me, se si punta a risultati davvero buoni, sia la scrittura che la storia devono essere all’altezza. Prendendo uno tra gli esempi citati, lo “scrittore” Melville non può essere che considerato un grande Storyteller, visto che è proprio la storia del suo romanzo più famoso a essere stata replicata, citata o rimpastata da tantissimi altri autori. Allo stesso modo, allo “storyteller” Dickens, di certo non mancò la capacità di adoperare la lingua inglese.
insomma… meglio partire con una bella storia e poi metterla a punto vestendoci sopra una scrittura che ci calzi a pennello.
Più che altro io penso che uno scrittore debba essere ANCHE uno storyteller. L’importante è non confondere i due momenti. La scrittura è l’atto creativo, lo storytelling il momento della promozione personale e del libro.