Lo slogan di Storia Continua recita “quando letteratura ed informatica si incontrano”, un po’ come fossero due discipline difficili e curiose da conciliare. Ma, in realtà, la scrittura, essendo espressione della natura umana, ne segue le stesse leggi; leggi che si esprimono tramite formule matematiche.
Lo conferma un recente studio dell’Istituto di Fisica Nucleare dell’Accademia polacca delle scienze, che mostra come le variazioni di lunghezza delle frasi all’interno di alcuni dei capolavori della letteratura mondiale, seguano le stesse dinamiche delle strutture a cascata, i cosiddetti frattali.
Un frattale è un oggetto geometrico dotato di omotetia interna: si ripete nella sua forma allo stesso modo su scale diverse, e dunque ingrandendo una qualunque sua parte si ottiene una figura simile all’originale.
La natura produce molti esempi di forme molto simili ai frattali. Ad esempio in un albero (…) nel profilo geomorfologico delle montagne, nelle nubi, nei cristalli di ghiaccio, in alcune foglie e fiori. Secondo Mandelbrot, le relazioni fra frattali e natura sono più profonde di quanto si creda.
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L’analisi dell’IFJ PAN di Cracovia, ha coinvolto 113 opere letterarie, lunghe non meno di 5.000 frasi, scritte in inglese, francese, tedesco, italiano, polacco, russo e spagnolo, da personaggi famosi come Honoré de Balzac, Arthur Conan Doyle, Julio Cortazar, Charles Dickens, Dostoevskij, Alexandre Dumas, Umberto Eco, George Elliot, Victor Hugo, James Joyce, Thomas Mann, Marcel Proust, Wladyslaw Reymont, William Shakespeare, Henryk Sienkiewicz, JRR Tolkien, Lev Tolstoj e Virginia Woolf. Tutte hanno hanno mostrato similarità in termini di organizzazione della lunghezza delle frasi scritte.
Ma, alcune, in particolare quelle che si potrebbero ascrivere al genere “flusso di coscienza”, hanno rivelato addirittura un struttura multifrattale. Ipertesti come Rayuela di Julio Cortazar, Le onde di Virginia Woolf, 2666 di Roberto Bolano, e l’Ulisse di Joyce.
“Il record assoluto in termini di multifrattalità si è rivelato in Finnegans Wake di James Joyce”, ha dichiarato il prof Drozdz. “I risultati della nostra analisi di questo testo sono praticamente indistinguibili dall’ideale multifrattale, puramente matematico”.
“Non è del tutto chiaro se il flusso di coscienza rivela le qualità più profonde della nostra coscienza, o meglio l’immaginazione degli scrittori. Evidentemente, essi (come Joyce) intuirono, come accade ai grandi artisti, che tale modalità narrativa riflettesse al meglio ‘come funziona la natura’ e l’hanno correttamente codificata nei loro testi”.
Non so voi, ma leggendo la ricerca, ho subito pensato alla musica: diamo per assodata la correlazione che c’è tra musica e matematica, infatti, non è forse vero che la bellezza di un testo si rivela nella sua musicalità? Ciò che scriviamo deve suonare bene. Allora, non è nemmeno tanto assurdo pensare che esista uno stretto rapporto anche tra scrittura e matematica.
Una risposta
I deeply agree 😉 really fascinating!