La mia intenzione iniziale era di scrivere un post dedicato alle case editrici che pubblicano poesia in Italia, che potesse essere utile agli scrittori che si dedicano a questo genere, ma di liste così se ne trovano a bizzeffe facendo una rapida ricerca online. E poi, i numeri dell’Associazione Italiana Editori ci dicono che la poesia rappresenta soltanto il 5% di tutti i titoli pubblicati nel nostro paese. C’è da chiedersi se valga ancora la pena di provare a pubblicare una raccolta di poesie passando per le vie classiche, ovvero cercando di strappare un contratto a un editore.
Unica nota positiva riguardo al settore arriva dai dati di crescita, tra il 2013 e il 2016 (non sono riuscita recuperare dati più recenti) pare che la poesia abbia avuto un incremento costante, intorno all’8%. Cosa è successo in questi anni?
E’ successo che è arrivato Instagram.
Il social network, che in Italia conta 14 milioni di utenti attivi, pensato per condividere immagini, fotografie e istantanee dallo smartphone, inaspettatamente è diventato anche uno spazio su cui condividere estratti di testo, citazioni, didascalie che assumono forma poetica. L’hashtag #poetry elenca ben oltre 30 milioni di post.
Se non bastasse ad assegnare al social network il merito di aver ribaltato le sorti della poesia moderna, come hanno già fatto importati testate come il Guardian, The Atlantic e Publishers Weekly, pensate che al momento su Amazon.com 7 su 20 dei libri di poesia più venduti appartengono ai poeti di Instagram; gli altri sono di autori non più in vita…
Tra i nomi più noti c’è Rupi Kaur che ha esordito postando uno scatto del suo ciclo mestruale, diventato poi virale. Oggi la Kaur vanta più di 3 milioni di follower e 3 milioni e mezzo di copie vendute della sua raccolta di Instapoem, Milk and Honey, tradotta in 40 lingue ed entrata tra i bestseller del New York Times.
Superata la prova anche del secondo libro, l’autrice continua a postare video delle sue performance in giro per il mondo e i suoi scritti, sempre dedicati al mondo del femminile, alla sessualità e alla rivoluzione culturale, ma da qualcuno che pensava di non poter mai vivere creando poesia, si è trasformata in una vera e propria imprenditrice. Anzi, ha esplicitamente dichiarato che le sembra quasi di “dirigere un’azienda”.
Non dobbiamo dimenticare che come ogni altro social network anche Instagram è guidato da algoritmi che, diciamoci la verità, tendono a premiare chi può riempire i loro cassetti di denaro in cambio di visibilità. Perciò non è raro che dietro gli Instapoet ci siano dei marchi, come Gucci o Nike che hanno utilizzato i versi di Cleo Wade per le loro campagne. Oppure, altri come Atticus hanno integrato degli ecommerce ai loro profili, così i lettori possono acquistare prodotti con le loro poesie stampate sopra. E’ un meccanismo che siamo abituati a vedere nel mondo della musica, non certo della poesia, se intendiamo la poesia ancora come un atto di riflessione solitaria.
In realtà la poesia si è sempre adattata ai cambiamenti, intrecciando media e arte moderna per trovare nuove forme di espressione che rompessero con la tradizione. Ma ciò che fa Instagram è qualcosa di diverso.
Gli effetti di Instagram sulla poesia
La poesia su Instagram non è esplorazione, ma espressione, viene fatto notare sulle pagine di Press Enterprise. È consapevole di sé, piuttosto che una porta su nuovi significati, è uno specchio che riflette e restituisce magnificamente ciò che il lettore sa già. E quindi via ai meme, agli aforismi, alle citazioni che incitano a vivere una vita migliore, a credere in se stessi e perseguire i propri sogni.
C’è, a volte, anche la poesia, ma è tangenziale, qualcosa di completamente diverso, qualcosa con un fascino molto più ampio: un atto di riflessione, non di creazione. Il poeta cerca di rappresentare una storia che potremmo aver letto un centinaio di volte ma di cui non ci stancheremmo mai. Un’esperienza che trascende la pagina perché i media moderni hanno permesso a queste letture di essere condivise con il pubblico in tutto il mondo, aprendo un campo dominato dalla tradizione a giovani poeti con un ampio richiamo, molti dei quali sono donne e persone di colore.
Per quanto tutto ciò abbia dei lati positivi, c’è sempre il rischio che la personalità dell’autore finisca per prevalere sulla sua stessa arte, se per rimanere visibili bisogna sempre correre dietro i gusti del pubblico, o per dirla con le parole di Fabio Chiusi: “Resta da capire come conciliare l’era della condivisione con l’intimità indispensabile alla poesia – al farla, come al leggerla.”
Canali alternativi per la diffusione della poesia
Un modo per garantire che le scelte editoriali dell’autore vengano preservate, lo ha trovato la casa editrice Interno Poesia, ad esempio, nel crowdfunding, un sistema di sottoscrizioni che parte prima che ogni libro in catalogo venga pubblicato, in questo modo i lettori possono sostenere gli scrittori che veramente sono interessati a leggere. Per un intero mese vengono diffuse le anteprime sui canali social e la newsletter dell’editore con l’obiettivo di raggiungere un numero sufficiente di prenotazioni a mandare il libro in stampa, di solito intorno alle duecento copie. Questa strategia se da un lato consente di lanciare nomi anche meno noti nel panorama della poesia italiana, dall’altro, secondo il direttore Andrea Cati, permette di agganciare anche l’utente più distratto che scorre le immagini alla ricerca di citazioni da ripostare sul proprio account Instagram.
E’ l’oggetto libro il gancio con la realtà: permette di scuotere ulteriormente il lettore, è qualcosa di tangibile, da toccare e da sfogliare, finanche da acquistare, da portare in giro nella propria quotidianità. Un modo per dire: guardate che ci siamo noi dentro e fuori la rete.
Non è un caso se tra le scelte editoriali di Interno Poesia che hanno avuto maggiore riscontro ci sia stata quella di pubblicare una raccolta dei testi di Alessandro Burbank, noto nell’ambiente del Poetry Slam e della poesia performativa.
C’era il bisogno di pubblicare un libro che rappresentasse il suo lavoro, una sorta di cimelio. La mia scelta è stata, da imprenditore e da lettore attento ai movimenti della poesia oggi presenti in Italia.
Il Poetry Slam, una vera e propria gara tra poeti che si sfidano a colpi di versi davanti a una giuria selezionata tra il pubblico, arriva in Italia nel 2001 ma è soltanto con la fondazione nel 2013 della Lega Italiana Poetry Slam che si istituisce un campionato nazionale ufficiale e un coordinamento tra le varie realtà regionali. L’aspetto più interessante del format è secondo me la possibilità di testare nuove idee e linguaggi dritto davanti alle persone. Ai Poetry Slam è il pubblico che crea e definisce chi è chi, ha dichiarato su Minima&Moralia il direttore della LIPS.
I testi devono sottostare al giudizio di un pubblico formato da non addetti ai lavori, che deve essere impressionato in soli tre minuti. Simone Savogin che è stato tre volte campione italiano, si è fatto tre volte la trafila dalle eliminatorie alla finale nazionale, con ogni volta un’infinità di giurie diverse. Ma ha svolto un percorso di consenso e di affermazione della propria ricerca.
Più votata all’anonimato, ma comunque fedele al concetto di disintermediazione è la Street Poetry, la poesia scritta sui muri e appiccicata agli angoli delle strade, che si oppone strenuamente alle meccaniche del consenso e in particolare a quelle innescate dai social network.
Come sostiene il Movimento per l’Emancipazione della Poesia, infatti, se si vuole superare l’idea di poesia come genere per pochi intellettuali, l’unico modo è prenderla e metterla sotto il muso di tutti, lì dove tutti in un certo senso sono costretti a leggerla. Dopodiché, poco importa il giudizio né, figuriamoci, i “Mi piace”, l’unica finalità è uscire fuori dal cassetto, perché la letteratura non vive rimanendo nelle mani degli scrittori.