Dieci anni di webletteratura, saggi e riflessioni

I tempi di crisi, si sa, sono un’ottima occasione per fermarsi a riflettere e anche la letteratura non può esimersi dal ragionare su quale sia stato il suo ruolo in questi ultimi 10 -15 anni, che ci hanno condotto all’“Italia del dopo benessere”. Così la inquadra Vittorio Spinazzola nell’edizione 2011 di “Tirature”. Quest’anno il volume esce con il preciso intento di mettere in luce il modo in cui le nuove generazioni, rappresentate dalla penna di altrettanto nuove generazioni di scrittori, stiano facendo fronte a problematiche epocali come il precariato e il dramma delle migrazioni.

Lo fa Bruno Pischedda con il saggio (parte di Tirature ’11) “La webletteratura della nuova Italia” e lo fa Nazione Indiana con “Verifica dei poteri 2.0, critica e militanza letteraria in Internet (1999-2009)” di Francesco Guglieri e Michele Sisto.

Il fatto che i due scritti provengano da fonti diametralmente opposte – una di editoria più classica e l’altra da una realtà che è puramente internettiana – non è di poco conto. Il sito Nazione Indiana, infatti, è stato uno dei protagonisti del cambiamento che intendono delineare entrambi i saggi. Eppure, entrambi i saggi, partendo da fronti diversi, giungono alle medesime conclusioni: alla fine degli anni ’90 lo scenario letterario italiano aveva bisogno di una scossa, un cambiamento che “la prima generazione di blog letterari” – Wu Ming, Carmilla, Nazione Indiana, Vibrisse, Lipperatura – hanno contribuito ad apportare.

Scrive Pischedda:

In causa era una scala di valori e di giudizi estetici tesi a relegare nei bassifondi del sistema letterario una produzione romanzesca dotata di larga udienza e nient’affatto disposta a lasciarsi emarginare, tanto più malvista dalle tradizionali élite di gusto perché orientata a un didascalismo politico dai toni almeno verbalmente eversivi, anarchicheggianti, protestatari.

Precisano Guglieri e Sisto:

Il Luther Blissett Project (poi Wu Ming) emerge da contesti extraletterari legati ai centri sociali e ai movimenti; Valerio Evangelisti è un autore di genere (e che proprio in nome di una rivendicata minorità del genere muoverà le sue battaglie più spiccatamente letterarie); Giuseppe Genna, a sua volta scrittore di genere, sconta anche la sua vicinanza, reale o presunta, a posizioni politiche di destra; Scarpa, scrittore-critico avviatosi alla consacrazione con il gruppo dei Cannibali sotto le insegne del “pulp”, cerca un riconoscimento che lo liberi definitivamente da un’etichetta sentita ormai come limitante; sulle traiettorie eccentriche di una ricerca letteraria personale e molto caratterizzata si muovono Dario Voltolini, perseguendo una forma breve astraente e antinarrativa, e Giulio Mozzi, con i versi del “Culto dei morti nell’Italia contemporanea”; Antonio Moresco, l’autore delle “Lettere a nessuno” e del “Paese della merda e del galateo”, è forse quello che più di tutti ha insistito sulla propria figura di eterno outisder; Carla Benedetti, che pure è professore universitario, arriva dalla pressoché unanime stroncatura del suo “Pasolini contro Calvino” da parte dei colleghi. La scelta di farsi forti di questa vera o presunta marginalità è evidente [..]

Una volta digerito il cambiamento o, per dirla come i nostri saggisti, una volta che la conflittualità interna al sistema produce poi riassestamenti, tanto nelle attitudini del lettore quanto nelle strategie di chi deve soddisfarne la domanda, e che la la discussione letteraria si è finalmente allargata a un pubblico fino ad allora rimasto ai margini, si giunge ad una nuova fase, quella in cui alla “militanza” si sostituisce il “soggettivismo manicheo del Mi piace/Non mi piace, Consiglio/Sconsiglio” di social network sul modello di Facebook, Twitter o meglio ancora aNobii.

Questo, in realtà, è un giudizio da prendere con le pinze, perché è ancora troppo presto per capire che genere di cambiamento produrranno gli strumenti sociali sui gusti e la futura produzione letteraria. L’indagine è ancora in corso, tanto è vero che la stessa Nazione Indiana sta coinvolgendo nel dibattito scrittori e critici chiedendo loro, tra le altre cose, se la possibilità offerta ad ogni lettore di dare diffusione a un proprio giudizio di gusto su un libro metta in discussione il ruolo e la funzione del critico e, quindi, se la Rete stia o meno contribuendo a erodere i tradizionali processi di legittimazione letteraria.

Prendere una posizione è difficile. Inutile sarebbe assumere un atteggiamento di totale chiusura, che finirebbe per produrre lo stesso genere di scontro che si verificò dieci anni or sono tra il mondo della critica letteraria classica e i “blog militanti”, con il risultato che questi ultimi hanno completamente scalzato il primi. Di ciò dovrà tenere conto anche il nuovo fronte di siti letterari – BookCafè, Letteratitudine, BooksBlog – che, secondo Pischeddi, si fanno portatori di una “tensione verso l’alto”, un ritorno a voler assecondare i gusti di “lettori mediocolti” e “orgogliosamente selettivi”.

In ultima analisi, come spiega bene Verifica dei poteri 2.0

Quando tra il proprio pensiero e il renderlo pubblico c’è solo un tasto da premere, quando ciascuno può essere, per così dire, editore di se stesso, la tentazione della reazione immeditata, della chiacchiera fine a se stessa è indubbiamente forte [..] Non si possono, d’altra parte, chiudere gli occhi di fronte a un reale effetto di “divulgazione” che la rete ha svolto in questi anni rispetto alle istituzioni letterarie: soprattutto per i più giovani, Internet è ormai una palestra imprescindibile

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