Durante le settimane dedicate al corso di letteratura elettronica del Davidson College, ho potuto analizzare, insieme a molti altri colleghi provenienti da ogni parte del mondo, differenti opere: da “Love Letters” (1952) di Christopher Strachey, considerata la prima opera di letteratura elettronica, ai primi ipertesti di Judy Malloy, “Uncle Roger” (1986-87), e Shelley Jackson, “Patchwork Girl” (1995), fino a “Lexia to Perplexia” (2000) di Talan Memmott, passando per gli esperimenti di narrativa interattiva come “Colossal Caves” e “Zorksa”.
Molti di questi lavori sono oggi inaccessibili, o accessibili solo attraverso delle simulazioni non sempre fedeli all’originale. Questo è l’aspetto della letteratura elettronica che mia ha dato più da pensare.
Quando è stata rilasciata la versione aggiornata dell’opera di Talan, l’autore non ne ha autorizzato la diffusione, sostenendo che l’inaccessibilità di “Lexia to Perplexia” (ad appena due anni dalla creazione) è diventata l’essenza del lavoro stesso. Credo che il messaggio di Talan dica molto sulla nostra cultura e su quanto di questa riusciremo a lasciare in eredità.
Ad ogni modo, l’idea di disfunzionalità, la sensazione che proviamo di fronte a ciò che non funziona, o almeno non funziona come ci aspettiamo, è ricorrente nelle opere di artisti e scrittori digitali, ragion per cui molte appaiono provocatorie fino al non senso.
Secondo il critico Marie Ryan Lohr, i digital artist hanno esplorato differenti tipi di disfunzionalità: politica (il sabotaggio come dichiarazione politica); ludica (il sovvertimento come satira della tecnologia); sperimentale (per esplorare un nuovo tipo di funzionalità). Ma per quanto si cerchi di inquadrarla, lo ammette la stessa Lohr, la disfunzione, come la bellezza, è nell’occhio di chi guarda.
Come bisogna guardare allora ad un’opera di letteratura elettronica?
Noah Wardrip-Fruin ha individuato 5 elementi base della letteratura digitale:
Dati. Testi, immagini, file audio, specifiche riguardanti la struttura della storia e le azioni che possono essere effettuate dal lettore.
Processi. Il modo in cui il computer elabora i dati.
Interazione. Il cambiamento dello stato dell’opera in seguito ad un input esterno, da parte del pubblico o da altre fonti.
Piattaforma. L’insieme delle componenti hardware e delle impostazioni software, che consente l’elaborazione dei dati e quindi dell’output.
Infine, il Contesto, storico e culturale, in cui l’opera e il pubblico si trovano ad interagire.
Ognuno di questi elementi risponde alle cosiddette “regole di lettura”, ovvero, quelle che secondo lo studioso di letteratura, Peter Rabinowitz, stabiliscono il modo in cui i lettori interpretano un testo, e il modo in cui gli autori si aspettano che i lettori lo interpretino.
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Regole di attenzione, secondo cui alcuni elementi di un testo sono più importanti di altri. I titoli, per esempio, sono privilegiati, così come la prima e l’ultima frase.
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Regole di significato: le convenzioni che ci guidano verso il riconoscimento del significato dei dettagli a cui facciamo attenzione, ad esempio, sapere quando interpretare mataforicamente un determinato passaggio.
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Regole di configurazione: ci aiutano a capire il genere a cui appartiene un testo e quindi ci predispongono alla lettura.
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Regole di coerenza: ci consentono di immergerci all’interno dell’universo narrativo, riconoscendo il senso e l’importanza dei dettagli con cui ci viene descritto.
Per comprendere meglio il legame tra le regole della lettura e gli elementi della letteratura digitale, durante la 4a settimana del corso abbiamo realizzato un Twitter Bot, un programma che consente di pubblicare automaticamente dei tweet estraendo e ricombinando i testi da una o più fonti.
Io ho utilizzato alcuni miei abbozzi di poesie, altri le regole del Trivial, il nostro prof. Mark Sample il classico di William Carlos Williams “This Is Just To Say,” già diventato un meme qualche tempo fa.
La rielaborazione di Sample mette in evidenza la questione della scelta e dell’intenzionalità.
“Anche quando un testo viene generato algoritmicamente, il creatore non ha completamente ceduto l’intenzionalità, questa si manifesta attraverso le scelte compiute. Ho fatto una scelta consapevole su cosa includere o escludere dal poema generato. Quindi, quanto posso rimuovere dalla poesia, conservandone ancora l’essenza? Quanto posso rimuovere per non limitarmi a evocare l’originale?”
Lo stesso processo creativo può essere riconosciuto anche nella narrativa interattiva, che non sempre è la versione povera di un videogioco, ma il frutto di una ricerca linguistica e psicologica. Solo, dovremmo imparare a chiederci: quale messaggio vuole darci l’autore quando ci pone davanti ad un bivio? Che intenzione c’è nella scelta che ci viene offerta e come vanno interpretati i dati che decidiamo di escludere dal nostro percorso?
Chi volesse approfondire (come se questo post non fosse già abbastanza lungo) trova le dispense delle lezioni dell’e-Lit Course sull’account Scribd di Storiacontinua. Aspetto i vostri commenti.