Il flusso degli aggiornamenti status su Twitter è talmente rapido e continuo che diventa praticamente impossibile che tutti i nostri follower leggano ciò che abbiamo pubblicato, nell’esatto momento in cui lo abbiamo pubblicato e, anche quando ciò accadesse, che differenza fa se poi il nostro contenuto lascia quegli stessi utenti indifferenti, ossia non li spinge al ReTweet, a rilanciare presso i loro contatti ciò che noi abbiamo sapientemente scritto?
Rispondere non è semplice, non a caso gli studi statistici che analizzano il comportamento degli utenti sul social davvero si sprecano.
Una ricerca Mec dell’ottobre 2012, ad esempio, spiega che attraverso una profilazione dell’utenza basata su diversi fattori, tra cui frequenza di utilizzo e tipologia d’uso, emerge come il 27% degli utenti italiani quando accede a Twitter legge e scrive sempre qualcosa, il 25% prevalentemente legge e il 26% legge e scrive raramente.
Per uno scrittore sono numeri piuttosto positivi, significa che più della metà degli utenti accedono con una certa predisposizione alla lettura. Il punto è: come trovare tra questi utenti i nostri follower?
Innanzitutto rendendosi visibili, cioè creando un profilo rintracciabile dagli utenti e dai motori di ricerca.
Il profilo è una sorta di biglietto da visita, forse è scontato, ma è così, perciò quando vi trovate nella sezione impostazioni a dover decidere che immagine, colore e descrizione affidare alla vostra pagina, fatelo nell’ottica di dover costruire un vero e proprio brand. Attraverso il vostro logo e uno slogan dovreste risultare immediatamente riconoscibili; un utente medio con una soglia di attenzione molto scarsa dovrebbe riuscire subito ad intuire di cosa vi occupate e se ciò che scrivete può essere di suo interesse, così da non doverci pensare due volte per cliccare sul pulsante “Follow”.
Il profilo va ottimizzato anche con un occhio alla SEO – l’ottimizzazione per i motori di ricerca – così da attirare più traffico verso il nostro profilo. È importante scegliere un nome utente e una descrizione coerenti con l’attività di cui ci si vuole occupare, con l’immagine che si intende restituire al pubblico e soprattutto che contenga le parole chiave per le quali si vuole comparire tra i risultati delle ricerche degli utenti. Gli stessi accorgimenti andrebbero presi anche per la pubblicazione di ogni singolo Tweet.
Se poi vogliamo che il nostro contenuto venga rilanciato dagli altri utenti è bene limitare i messaggi al di sotto dei 140 caratteri per lasciare spazio al RT, che di solito contiene il messaggio originale, username dell’autore e – come statisticamente provato – un link a contenuti esterni.
Lo studio “The science of ReTweets” di Dan Zarrella dimostra, infatti, come il 59,7% dei ReTweet presentano sempre un link e una frequenza di parole decisamente inferiore rispetto ai normali tweet. Tenetelo a mente: i messaggi che ottengono più ReTweet sono, quindi, quelli più brevi e che contengono informazioni concrete.
L’ultimo consiglio, ma forse il più importante visto che ci stiamo occupando di narrazioni su Twitter, è di imparare a sfruttare al massimo gli hashtag. Utilizzare le etichette significa prolungare la vita dei vostri contenuti, innanzitutto perché saranno sempre rintracciabili e, quindi, visibili tra i risultati delle ricerche degli altri utenti, poi perché Twitter assegna ad ogni parola chiave una pagina apposita, contenente tutta la cronologia dei relativi messaggi. Pertanto, malgrado la velocità di aggiornamento che caratterizza la piattaforma, nulla di quanto scriverete passerà inosservato se saprete catalogarlo nel modo giusto.
Non vi resta che decidere se contrassegnare i vostri tweet con hashtag letterari già esistenti – come #scritturebrevi o #twitteratura – per farvi così conoscere dalla community di twitteri già appassionati ai vostri stessi argomenti, oppure crearne di nuovi, ispirati al titolo della vostra storia, ad un personaggio o magari a genere letterario cui appartiene. Lo scopo resta comunque quello di raccogliere intorno a voi un gruppo di persone pronte a sostenervi, a diffondere e condividere le vostre opere. Ricordatevi dei “repliers”, gli utenti che utilizzano Twitter come momento di svago; il trucco per attirare l’attenzione molto spesso è saper creare, con un po’ di ironia, (mai seguito l’hashtag #sapevatelo?) intrattenimento e curiosità.
Come (NON) raccontare una storia su Twitter
Vi propongo un articolo a firma di Anne Trubek, che partendo da un’analisi molto critica su “Black Box”, il romanzo di Jennifer Egan, pubblicato in spezzoni da 140 caratteri tramite l’account del NewYorker, ci da qualche spunto interessante per iniziare a pubblicare narrativa su Twitter, senza commettere errori.
Twitter funziona in questo modo: si pone una domanda, la gente risponde e discute. Per dare un senso a ciò che leggi, bisogna fare lo sforzo di scorrere all’indietro la cronologia dei tweet. Twitter scorre all’indietro. Se twitti o navighi su Twitter, sai di cosa stiamo parlando. Twitter non ha un’impostazione fissa, ma cambia e vira a seconda del flusso di reazioni dei suoi utenti.
La Egan afferma che il suo esperimento è un tentativo di riportare in auge la narrativa seriale, una dichiarazione che veramente mi irrita. Le serie si costruiscono sulla suspense, qualcosa che una storia che si legge al contrario non crea (senza contare che stampare tutta la storia su una rivista, prima che il tweeting fosse completo, aveva già rovinato ogni suspense).
Ho sostenuto che Dan Sinker ha messo a segno un colpo davvero notevole, dimostrando con @MayorEmanuel (profilo fittizio creato apposta per Twitter) che Twitter può funzionare come nuova forma di narrativa.
Il suo esperimento è più simile alla poesia epica che a un racconto breve. Ed anche Teju Cole ha trovato un modo affascinante per lavorare con twitter, creando delle storie partendo da piccole notizie del quotidiano.Ma ciò che questi esperimenti ci fanno capire, e la Egan non fa, è che Twitter funziona in orizzontale, non in verticale: si tratta di link, collegamenti, scherzi d’esecuzione, salti in avanti e ritorni all’indietro, non delle solite trame strutturate secondo lo schema di inizio-svolgimento-fine che associamo alla narrativa.
Twitter non ha una struttura narrativa, ma associativa. In realtà, la poesia può essere l’analogo letterario più ovvio per Twitter.
Come racchiudere un intero racconto in una sola frase
Questa piccola storia, di sole sei parole, è forse la migliore scritta da Ernest Hemingway.
Perché? E’ una storia in cui si vendono un paio di scarpe… ma con un’intensa connotazione emozionale. Le frasi non devono dire molto. Devono solo dire le cose giuste.
Una frase dannatamente buona deve:
Raccontare i fatti: chi, cosa, quando, dove, perché. Non si tratta di nient’altro, pensare attraverso le 5 W per riportare tutti gli aspetti principali di una storia. Certo, poi bisogna pensare anche a come lo si sta facendo.
Creare immagini usando verbi attivi e soggetti concreti, senza indugiare nelle spiegazioni. Cercando di essere più specifici possibile con le parole le immagini si creeranno naturalmente nella mente dei lettori.
Evocare emozioni sarà altrettanto naturale, se scriverete le vostre frasi seguono i due punti precedenti, ma è necessario pianificare attentamente il tipo di reazione che si vuole ottenere. Qual è l’umore dominante tra i lettori (o follower)? Dovreste cercare di carpire quali sono le loro speranze, i sogni e le paure, così da poter inserire tale emozione nelle frasi.
Creare aspettativa. Quali promesse state facendo al lettore con la vostra scrittura? Cosa otterranno? Divertimento, emozione? Twitter è il mezzo ideale per perfezionarsi, perché si è costretti a dire molto con pochi caratteri a disposizione e in più si ottengono dei feedback; le persone possono risponderti o ignorarti, aggiungerti ai preferiti o retweettare.
E se non lo fanno, riprovate ancora… fino a quando tutte le caratteristiche elencate non si fonderanno l’una all’altra per affiorare dalle vostre frasi. Allora sarete finalmente pronti per cimentarvi con la Twitteratura!