L’approccio ludico al mestiere di scrivere che si riscontra negli autori collettivi – spiega Kaizeng nel suo intervento al convegno MOD 2009 su “Autori, lettori e mercato nella modernità letteraria” – non incide solo sull’organizzazione del lavoro, ma si riflette nella disponibilità a mettere in gioco il proprio ruolo di scrittore in un confronto continuo fra componenti del collettivo e soggetti esterni a esso (lettori, altri scrittori, critici).
Una disponibilità che probabilmente deriva dalla stessa consuetudine all’utilizzo della rete informatica come strumento di espressione. Uno strumento, la Rete, che per sua stessa natura comporta una costante verifica e messa in discussione di ogni dato che vi viene introdotto, perché nulla e nessuno, in rete, può sottrarsi a un dibattito potenzialmente infinito.
Ciò comporta un esorcismo dell’autore rispetto al suo ruolo, che viene inteso non più con la sacralità e l’inviolabilità che lo hanno troppo spesso sclerotizzato. L’autore, al contrario, accetta di nuovo la responsabilità di fornire una propria lettura del mondo e recupera così un ruolo centrale nella sua stessa comunità: raccontare per stimolare il cervello di chi ascolta.
Nell’epoca della cultura partecipativa e del cosiddetto web 2.0, si ricorre al racconto come strategia di resistenza intellettuale, un rito di aggregazione da cui possano germinare riflessione e consapevolezza. Un’idea di narrativa che è alla base del progetto originale di Luther Blissett. Una rivoluzione che usa le storie, la capacità di trasmetterle attraverso canali inusuali e di costruirle mescolando realtà e invenzione, per elaborare una nuova mitopoiesi e determinare un cambio di atteggiamento nei destinatari della comunicazione.
Un costante invito a rifiutare la passività imposta da un sistema informativo e di intrattenimento unidirezionale attraverso il ribaltamento dei ruoli: “L’unica alternativa per non subire una storia è raccontare mille storie alternative”.
Simili operazioni sono possibili grazie alle licenze sul diritto d’autore di cui gli autori collettivi di solito si avvalgono, le cosiddette licenze creative commons. Un aggiornamento del vetusto diritto d’autore, che elimina le limitazioni alla copia e diffusione dell’opera originale, moltiplicandone le occasioni di conoscibilità e di germinazione, dalla stessa, di opere collaterali.
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