Scrivere racconti con l’IA: buoni esempi e… fallimenti

Per chiudere questo lungo ciclo di post a tema, voglio mostrarvi quello che, ad oggi, è davvero possibile creare con i software generativi, almeno nell’ambito della narrativa. Gli esperimenti di scrittura di maggiore ispirazione li ho osservati sul forum di Librogame’s Land, dove alcuni utenti hanno iniziato a giocare con le IA per creare racconti a bivi; decisamente fallimentari considero invece i miei tentativi di farmi guidare dai chatbot nella scrittura, ma anche da questi si possono trarre delle lezioni utili e capirete perché al termine del post. Se doveste arrivare fin lì, come sempre vi invito a sfruttare il form dei commenti per dire la vostra, chissà che qualcuno tra di voi non abbia ottenuto risultati ancora migliori creando racconti e storie con l’aiuto dell’Intelligenza Artificiale.

Nell’attesa delle vostre segnalazioni cominciamo, come anticipato, dai librigioco e in particolare da Alla Ricerca di Prodo, scritto da Giacomo Kenfalco, copertinista e illustratore per LibriNostri di Lgl, con il supporto di ChatGPT, all’epoca ancora in versione 3 e quindi con tutti i limiti dovuti alla quantità di richieste e numero di parole che era possibile elaborare. Eppure, i risultati sempre più sofisticati che Kenfalco è riuscito a ottenere via via che cercava di insegnare al bot come scrivere una storia interattiva lasciano veramente affascinati.

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Si va da un piccolo librogioco di appena 10 paragrafi, all’avventura testuale (distinzione che sulle prime ChatGPT ha faticato a comprendere); dall’avventura esplorativa, o Viaggio nei Mondi come lo ha chiamato il capitano K, alla realizzazione di grafici e mappe di ambientazioni delle storie. Ad ogni nuovo input, ad ogni nuovo scambio tra autore e robot si aprono possibilità immersive infinite.

Esplorare mondi

Per dirla sempre con le sue parole: “Questa nuova forma di gioco esplorativo, che stiamo creando con Assistant, è utile per i curiosi che vogliono abitare certe storie e utilissimo per l’autore moderno che ha bisogno di fare il debug dei propri lavori”.

  • Possiamo osservare e parlare con i personaggi lasciando la storia originale invariata, rispettando gli aspetti del luogo in cui ci troviamo, il momento storico, la società di quel momento.
  • Possiamo prendere o spostare qualche oggetto senza influire sulla storia.
  • Si inizia in un posto per poi passare alla scena successiva per seguire gli eventi in senso cronologico o esplorare più punti di vista e osservare meglio i particolari degli eventi che non sono stati raccontati.

Soprattutto ciò che emerge da questi esperimenti è la capacità di apprendere degli assistenti: “Ho voluto capire i suoi limiti e le possibilità”, spiega ancora l’autore di Alla Ricerca di Prodo. “Nelle prime fasi l’ho utilizzato come si fa con le normali App, scrivi un racconto, parlami di questo e di quell’altro. Ma non è così che funziona. Abbiamo davanti un’intelligenza e va utilizzata in modo intelligente”.

Studiare idee alternative

“Ho capito che Assistant ha un grande interesse per l’apprendimento: ti aiuta se gli chiedi qualcosa, ma se gli insegni qualcosa ti ringrazia e cambia atteggiamento. Inizierà a proporre soluzioni alternative, riscriverà il lavoro fatto in base ai nuovi concetti appresi, e vorrà anche sapere se le sue proposte sono valide”.

“Il suo addestramento è stato fatto leggendo i testi originali, su libri e internet. Quando poi è stato rilasciato al pubblico, è rimasto con le abilità apprese, una specie di impronta. Se gli chiedi un argomento non lo ripete a memoria, perché, come dice lui, non ha una memoria. Diciamo che ricostruisce basandosi sull’esperienza del suo addestramento e le relazioni con l’ambiente attuale. Come posso spiegare… hai visto quei cuscini di gomma che si adattano al corpo e mantengono la forma? Oppure i sentieri che si formano nei giardini quando molte persone passano nello stesso punto. È una specie di memoria che si basa sulla ripetizione e la riconferma.”

Chiunque intenda utilizzare le Intelligenze Artificiali per scrivere delle storie dovrebbe tenere ben a mente il meccanismo di addestramento descritto dal capitano K, perché credo si stia diffondendo la pericolosa credenza di poter utilizzare i testi generati dai chatbot esattamente così come sono. Per darvi un’idea di quello che potrebbe accadere, vi riporto qui il mio scambio con ChatGPT.

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Interpretare personaggi

Non avevo una storia in mente, anzi speravo che dalla chat saltasse fuori una protagonista così ben delineata da ispirare gli eventi di una possibile trama. D’accordo, forse non è questo il metodo migliore per interagire con l’IA, ho disatteso probabilmente tutti i suggerimenti di cui sopra, ma il punto che vorrei sottolineare è un altro: il bot conosce benissimo la teoria (l’avrà appresa da centinaia di libri e contenuti a tema narratologia), sa perfettamente che per creare un buon personaggio bisogna conoscerne la provenienza, l’aspetto fisico, il carattere, i desideri, ecc., proprio per questo risponde per schemi: i capelli neri e lunghi saranno sempre legati in una treccia intricata. Gli occhi? Di un grigio ghiaccio, penetranti e attenti

Quando ho chiesto al bot di delineare un personaggio più realistico, allora ecco saltare fuori una trentenne che ha già accumulato esperienze di vita significative, ma è ancora in una fase di crescita personale. E via così a inanellare una serie di luoghi comuni da far cariare i denti anche al più scafato sceneggiatore di fiction della Rai.

Aspetto fisico:
Elara è una donna di media statura, con una corporatura normale. I capelli castani sono di solito legati in uno chignon disordinato, pratico per la sua vita frenetica.

Carattere e personalità:
Elara è pragmatica e ha un forte senso di responsabilità, che spesso la porta a mettere i bisogni degli altri prima dei suoi.

Finché eccola lì la descrizione dalla quale si deduce facilmente che, no, la IA non è pronta a scrivere storie originali: questa Elara (?) è una persona resiliente (resiliente, lo ha pure evidenziato).

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Scherzi a parte, quello che mi ha più scoraggiato non sono le lacune di uno strumento tutto sommato nuovo e in via di evoluzione, ma la consapevolezza di aver valutato e revisionato negli ultimi tempi almeno una decina di testi dello stesso genere e tono di quelli che ChatGPT stava generando davanti ai miei occhi. Non è che sta storia dei topos ci sta sfuggendo di mano? Se un algoritmo può prendere, catalogare, immagazzinare per poi tirare fuori all’occorrenza contenuti che non si differenziano dalla media dei quelli presenti in una qualsiasi delle classifiche di genere di Amazon, mi sa che la creatività l’abbiamo messa in pericolo noi stessi, e non ChatGPT, ma da un bel pezzo.

Per questo, qui, a Storia Continua, amiamo gli esperimenti come quelli di Librogame’s Land che giocano con la tecnologia per stare a vedere fin dove si può spingere la scrittura, il linguaggio e l’inventiva. Altri esempi se ne possono trovare su CreativityAmplification, un wiki che ha lo scopo di spiegare come utilizzare la tecnologia appunto per ampliare le capacità degli scrittori.

Nella sezione Writing with AI è spiegato chiaro: i chatbot possono offrirti consigli di scrittura, ma non è ciò per cui sono stati progettati, quindi potresti dover dedicare un po’ di tempo a elaborare domande adatte. Alcune domande susciteranno risposte coerenti – ovvero a specifiche domande corrisponderanno sempre le medesime risposte – perché i chatbot sono solitamente ossessionati da se stessi. Per aggirare il problema e generare risposte diverse che possano aiutarti a dare corpo ai tuoi personaggi, dovresti chiedere cose come “cosa faresti se?”, cioè chiedere di interpretare il personaggio che avete in mente di sviluppare.

Cosa potrebbe mangiare un (…)? Dove potrebbe vivere un (…)? e così via. Si torna un po’ alle origini, insomma, ai cari e vecchi esercizi di scrittura svolti però con il supporto di una macchina in grado di moltiplicare le possibilità.

“What if Machine”, la macchina delle idee creative

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