Rinnovo questo articolo a ben otto anni di distanza dall’inizio della mia attività di editor, non perché quanto sostenuto allora non sia più valido, anzi ribadisco di seguito quelli che secondo me sono i difetti più ricorrenti che mi è capitato di rilevare all’interno dei manoscritti che mi sono stati assegnati durante questo lungo tempo. E mi sorprende ancora come accomunino la gran parte degli aspiranti scrittori.
Cospargere il testo di puntini di sospensione, un po’ come il formaggio sui maccheroni, così, qui e là tra le parole, credo per tentare di raggiungere un’intesa con il lettore, come a dirgli: “ehi… quello che leggi è proprio così come io l’ho pensato nella mia testa… sei nella mia testa in questo momento… quindi, siamo sulla stessa lunghezza d’onda… ci capiamo io e te”.
Spremersi le meningi alla ricerca di figure retoriche che in un primo momento vi sembrano originali, tanto che la cosa vi fa sentire il nuovo genio letterario prossimo al Premio Pulitzer, salvo poi ottenere un effetto da diario delle medie. Avete presente? Mi riferisco a cose tipo: “la rosa è rossa, il cielo è blu”, oppure ritriti ossimori come “equilibrio instabile” ecc… ecc…
Mettere a frutto le ore di lezione di filosofia del liceo. Ma vi pare che se un lettore voleva approfondire le tesi, nell’ordine, di Freud, Bakunin, Hegel e co. sull’uomo e la sua tendenza ad autodistruggersi, non comprava un trattato di filosofia, piuttosto che il vostro libro? Chi compra un romanzo si aspetta di leggere una storia, quindi, aggiungo che se in quel momento non è interessato alle teorie dei filosofi veri, perché dovrebbe esserlo alle vostre di teorie sulla vita?
E ultimo punto nella mia lista degli oerrori: non raccontare nulla per pagine e pagine, creando dei personaggi che sono solo un mezzo per esprimere voi stessi, convinti che ciò che avete da dire sia la cosa più interessante del mondo, a discapito delle storie che davvero potreste raccontare.
Spero perdoniate il mio tono un po’ caustico, il fatto è che dalla maggior parte dei testi eliminando il superfluo emerge quasi sempre realmente una storia che vale la pena venga raccontata. Il che mi è parso ancora più vero quando navigando su Facebook tra i gruppi di scrittori mi è salto all’occhio questo post.
A volte è proprio per la paura di non essere stati abbastanza chiari che si finisce per spiegare, spiegare ogni minimo dettaglio del racconto, pretendendo che il lettore lo interpreti come noi vogliamo, ma così si finisce soltanto per perdere di vista l’obiettivo iniziale, che è scrivere un buon libro. Giusto?
Ho deciso quindi di riportarvi di seguito alcuni dei commenti più ricorrenti che ho letto nella discussione per capire se e come si può superare questa “paura da esordio”.
Tabella dei contenuti:
Personaggi piatti e poco caratterizzati
Ho il terrore di scrivere cavolate, magari incongruenze o di banalizzare una scena o di far comportare un personaggio in modo totalmente diverso rispetto al suo carattere.
E’ vero, come ha fatto notare una delle partecipanti alla discussione, non tutti i personaggi devono essere per forza particolari, altrimenti sai che noia? Tutti eroi ed eroine…
Ma i personaggi devono essere credibili. Non necessariamente devono comportarsi in modo coerente alle situazioni che di volta in volta si presentano loro davanti, anzi più un personaggio mostra debolezze e contraddizioni, tanto più risulta umano (ecco perché spesso ci piacciono più i cattivi). Per ottenere un tale livello di credibilità bisogna prendersi il tempo di conoscere a fondo i personaggi che animano un universo narrativo.
Soluzione: create una sorta di carta d’identità per ognuno, in cui riportare caratteristiche fisiche e psicologiche, da tenere sempre presente affinché risultino fedeli a loro stessi.
I buchi di trama
Ho il terrore di inserire cose inutili e, di conseguenza, annoiare il lettore. C…zo io ogni volta torno indietro e rileggo ongi capitolo per far quadrare tutto.
Ottimo metodo, anche se come vedremo c’è un momento per scrivere e uno per revisione quanto scritto. Ad ogni modo, ogni capitolo di cui si compone il romanzo dovrebbe essere funzionale a portare avanti la trama. Per intenderci, l’effetto che si vuole ottenere è far chiedere al lettore cosa accadrà dopo, non perché adesso l’autore si sta soffermando su questo particolare? E cosa c’entra con quanto mi ha raccontato prima? (A me capita spessissimo di chiedermelo quando correggo un libro).
Soluzione: che siate tra quelli che si lasciano guidare dall’ispirazione o degli amanti delle scalette, è importate alla fine avere uno schema che riproduca l’andamento della trama per capire quanto sia solida la connessione tra gli eventi. Se togliendo un dato episodio, l’impianto narrativo rimane ugualmente in piedi è probabile che potete farne a meno.
Ripetere sempre lo stesso schema di frasi
Ho il terrore di non riuscire a descrivere bene le scene, risultare confusionaria e poco chiara o non rendere interessante anche il più piccolo avvenimento, perdendo l’interesse del lettore.
Questa è una preoccupazione che concerne più lo stile, sapere quali parole siano le più adatte a descrivere una certa scena, quando rallentare il ritmo del racconto o renderlo più incalzante, sono capacità che si acquisiscono solo con il tempo e la pratica perciò…
Soluzione: ho già detto la pratica? E’ importante ribadire che al di là della teoria e delle tecniche suggerite nei vari corsi di scrittura creativa, non c’è altro modo per imparare a scrivere bene che leggere, tanto e di tutto. Leggete anche quando guardate un film o una serie tv, cercate di studiare i motivi per i quali scrittori e sceneggiatori hanno scelto di impostare una data sequenza, qual è l’effetto che suscita in voi e dal quale vi sentite più ispirati.
Non rispettare le regole grammaticali
Mi vengono certi dubbi incredibili, soprattutto quando ho troppe idee… mi succede di scordarmi i vocaboli giusti ?
Avere dei dubbi vi metterà sulla strada giusta, soprattutto se è quella che vi conduce verso lo scaffale dov’è riposto il vocabolario.
Soluzione: Treccani e Accademia della Crusca.
Comunicare messaggi sbagliati o poco apprezzati
Ho il terrore che il mio messaggio smetta di essere seguito, scrivere per molto tempo credendo di aver fatto un ottimo lavoro, per poi scoprire che è venuto fuori qualcosa di banale e piatto, che lascia i lettori con un “meh” alla fine della storia.
Di non essere vera, di non trasmettere nulla.
Ecco la madre di tutti i problemi, i difetti e gli errori che affliggono la scrittura degli esordienti, la smania di voler trasmettere un messaggio, un’opinione, un’emozione, la voglia di essere compresi. Ma quand’è stata l’ultima volta che avete finito di leggere un libro e vi siete detti: ho capito cosa voleva dirmi l’autore?
Io personalmente apprezzo quei libri che mi fanno riflettere, su me stessa, sulla vita o semplicemente mi fanno divertire.
Soluzione: un messaggio è intrinseco alla storia quando la storia semplicemente è scritta bene, è l’effetto e non il motivo che dovrebbe invogliarvi a scrivere un libro. Se volete comunicare il vostro personale punto di vista, c’è da chiedersi se è proprio i romanzieri che volete fare. Questo è il motivo per il quale in molti, non ottenendo riscontro, abbandonano l’impresa sfiduciati.
Scrivere richiede pazienza, come ho letto in uno dei commenti, è un processo che segue varie fasi e tutte fondamentali. Violare l’ordine o saltare uno dei passaggi non farà che allontanarvi dalla meta di terminare il vostro libro.
Le 3 fasi della scrittura
1. Scrivere per la storia. In questa fase il vostro compito è di seguire il personaggio lungo la trama. Semplicemente far passare ogni parola dalla testa alla pagina senza preoccuparvi di che direzione prenderà la storia. E’ un po’ la versione dello scrivete da ubriachi di Hemingway – anche se per la verità esistono tecniche alternative per gli astemi – il senso è di lasciarsi andare, esprimersi senza remore e liberi dal giudizio altrui, come si fa quando si è alzato un po’ il gomito.
2. Riscrivere per il lettore. In questa fase bisogna assicurarsi che ogni elemento sia a servizio della storia. Ricordate quanto abbiamo già detto sui buchi di trama, non si tratta ancora di correggere il libro dagli eventuali errori ma di mantenere il lettore incollato alle pagine, anche se questo significa spesso e volentieri doversi sbarazzare di pezzi che crediamo magnifici ma che in realtà non permettono alla storia che stiamo cercando di raccontare di emergere con la dovuta forza. In un romanzo, la storia viene prima di tutto.
3. Editare per se stessi. Un testo ben curato sarà il vostro biglietto da visita, vi permetterà di essere presi con la dovuta considerazione dalle case editrici, di lavorare con un editor alla pubblicazione superando l’ostacolo di una pessima formattazione, e ovviamente vi consentirà di ottenere delle buone valutazioni una volta uscito.
Non so in che fase vi troviate adesso con la scrittura del vostro libro (fatemelo sapere tramite i commenti), perciò voglio lasciarvi con un link alle mie risorse più utili per l’editing, che vi consentiranno di non cadere nei soliti errori e abbandonare il manoscritto a metà strada, se poi avete ancora bisogno di aiuto non esitate a contattarmi.