Ovvero, chi siete? Cosa portate? Sì ma quanti siete? Un fiorino!
Dal post che vi accingete a leggere, il primo di una nuova serie dedicata alla scrittura collettiva degli XOmegap, si notano subito l’ironia e la passione per il lavoro di gruppo che contraddistingue i suoi membri e che ha fatto di un comune guest post, un racconto tutto da scoprire.
Tutto è cominciato una sera in birreria…
Quando ci penso vengo travolto da un senso di vertigine. Xomegap ha quasi dieci anni, per l’esattezza otto, abbondanti.
Io (n.d. r., Massimiliano Prandini), Marcello, Simone e Sara ci siamo trovati allo stesso tavolo dopo un allenamento di scherma storica e chiacchierando della nostra comune passione per la scrittura abbiamo ritenuto che fosse giunto il momento di unire le forze.Così, ciascuno ha messo sul piatto un paio dei propri racconti, agli altri il compito di leggerli e commentare pregi e difetti. Insomma tutto è cominciato con la coscienza di una mancanza. La mancanza di un confronto: di un meccanismo che ci consentisse di individuare i punti di forza e di debolezza di quello che scrivevamo, e perché no anche dalla mancanza di un pubblico o più in generale di un qualche genere di progetto che desse alla nostra creatività una motivazione per crescere, incanalarsi in qualche direzione, migliorare.
In poco tempo ci siamo allargati ad altri due membri, Gabriele ed Elisa e dopo qualche mese abbiamo deciso che eravamo pronti per affrontare il “mondo esterno” così, nel 2005 è nato il blog del gruppo, in cui abbiamo cominciato a pubblicare i nostri racconti. Ed è stato lì che per la prima volta abbiamo dovuto affrontare la sfida di darci un nome.
Mi piacciono molto i nomi di altri collettivi di scrittura come “Kai-zen” e “Wu Ming”, al contempo semplici e ricchi di significato. Mi piacerebbe poter raccontare che anche il nome Xomegap è nato da qualche trovata geniale.
Negli anni successivi, abbiamo cercato di retrodatare un significato vagamente “filosofico”, riecheggiando l’idea di improbabili confraternite sullo stile college americano. Poi siccome l’unica cosa che questo in realtà evocava (sia nel pubblico che in noi…) erano film tipo “Animal House” o “La rivincita dei Nerd”, abbiamo cominciato a raccontare semplicemente la verità. Simone al tempo studiava da webmaster e aveva pronta la versione beta di un sito internet, e questo sito era denominato con le lettere greche Ics, Omega e Pi. E così ecco fatto XOmegaP.
Dunque nel 2005 abbiamo trasferito il laboratorio on-line e abbiamo cominciato a pubblicare racconti, poi, quando questi hanno cominciato a fare massa critica, ci siamo detti che era giunto il momento di cercare di fare un passo ulteriore, ossia di scegliere i migliori di ciascun autore e metterli insieme in un’antologia. Ricordo come se fosse ieri la riunione a casa di Elisa per decidere quali racconti avremmo inserito. L’idea era di metterne tre per ciascuno, scelti tra quelli brevi e di genere fantastico, o quantomeno, “nero”. La procedura di scelta fu assai democratica, ciascuno propose i propri testi che preferiva e gli altri dettero il loro parere. Raramente i pareri coincidevano, per qualche strano motivo i racconti che più sembravano piacere agli autori, raramente erano gli stessi che più erano piaciuti agli altri in qualità di lettori. Ma comunque accordarsi non fu un problema, come in molte altre circostanze prevalsero con naturalezza due dei maggiori punti di forza di Xomegap come collettivo: la sua “orizzontalità” e un certo “spirito di corpo”, inteso sia come capacità di piegarsi al volere della maggioranza sia come capacità di mettersi al servizio di un obiettivo comune.
Scelti i racconti partimmo per una fiera con il nostro plico sotto braccio e fu sorpresa assai gradita constatare che quindici giorni dopo avevamo già trovato un editore disposto a darci ascolto. Era “Il Foglio” di Gordiano Lupi che pubblicò la nostra raccolta sotto il nome di “Diciotto racconti di sogni e d’ombre”. Era il gennaio del 2006.
Ora, non starò naturalmente a raccontarvi passo per passo la storia di ciascuno dei progetti di Xomegap. Vi basti sapere che il nostro percorso è stato graduale, e un po’ come lo è la crescita di un bambino che in una decina d’anni muove verso l’età adulta, abbiamo affrontato a poco a poco sfide più difficili. Scrivendo racconti più lunghi e articolati, come quelli di “Mutazioni” (Collana LAB, 2008 Perrone editore), e cercando tra noi livelli di integrazione progressiva della scrittura: prima creando un’ambientazione comune in cui scrivere racconti sostanzialmente slegati (come nel progetto Hopeless), poi gestendo lo sviluppo di una storia realmente collettiva (come nel progetto Open Book, in questo caso sotto il nome di Collettivo 42 e con la collaborazione dell’amico Marco Giorgini).
Come è naturale, lo sbocco finale di questa crescita era il romanzo collettivo, e infatti un paio di anni dopo eccoci a imboccare lesti la strada del nostro progetto più ambizioso!
Continua con “Il fine ultimo della scrittura collettiva. La nascita di Finisterra“