Se non fosse un romanzo epistolare, sembrerebbe proprio di guardare un poliziesco in Tv. Infatti, gli “sbirri” dello schermo ci sono praticamente tutti: Grazia Negro, il Commissario Montalbano e persino una fulminea incursione dell’Ispettore Coliandro.
Non a caso l’editore, MinimumFax, ha deciso di chiudere il volume con dei veri e propri titoli di coda, in perfetto stile cinematografico. Ma di certo, al principio, nessuno si aspettava che sarebbe stato questo l’esito di un incontro organizzato tra Carlo Lucarelli e Andrea Camilleri.
Guido Di Gennaro racconta ancora con sorpresa gli eventi che hanno portato alla nascita del libro “Acqua in Bocca”: i due scrittori chiusi in un salotto per le riprese di un documentario, ad un certo punto raccolgono la sfida: “Come si comporterebbero Grazia Negro e Salvo Montalbano con un cadavere in mezzo ai piedi?”
Inutile darvi anticipazioni sulla trama, l’indagine è appassionante e quanto mai curiosa, ma l’aspetto più interessante sta nel modo in cui Lucarelli e Camilleri hanno concretamente scritto Acqua in Bocca: i due poliziotti vivono fisicamente distanti – Montalbano a Vigata e Grazia Negro a Bologna – ed escogitano l’espediente dei pizzini per aiutarsi nelle indagini, così come gli stessi due autori si spediscono di volta in volta tramite posta, i nuovi risvolti dell’intreccio. L’uno senza mai sapere dove l’altro avrà deciso di andare a parare.
Per coloro che molto spesso hanno lamentato la difficoltà di scrivere un racconto a più mani senza una linea guida ben precisa, Acqua in Bocca può essere una lettura illuminante. Camilleri e Lucarelli non hanno seguito una tabella di marcia, sapevano solo che c’era un caso di omicidio che i loro personaggi avrebbero dovuto risolvere.
I due scrittori si sono divertiti a scoprire le reciproche reazioni, scatenandosi in quella che Di Gennaro definisce una vera e propria competizione a chi scriveva la “botta” più grossa.
A volte basta solo divertirsi.
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