Solo fino ad un paio di anni fa si discuteva sui libri del futuro, se il digitale avrebbe soppiantato la carta, sui vantaggi/svantaggi di leggere su schermo (d’altronde il 2015 è stato l’anno di Ritorno al Futuro). Ebbene, questo futuro è arrivato, ma invece di portare nuovi libri, sembra aver portato nuovi lettori.
Per la prima volta ad una fiera del libro non sono state presentate statistiche catastrofiche sulla scarsa affinità tra gli italiani e la lettura, finalmente grazie all’Osservatorio sul consumo editoriale e culturale inaugurato a Tempo di libri, sono state prese in considerazione tutte le diverse forme di contenuti cui è possibile accedere con le tecnologie digitali.
La ricerca n° 0, svolta per conto dell’AIE dal Pepe Research, su un campione di 2004 intervistati tra i 15 e i 74 anni, ha evidenziato come in Italia i lettori forti, cioè quelli che dichiarano di aver letto negli ultimi 3 mesi contenuti di tipo culturale, sarebbero l’83%, solo che non leggono libri tradizionali, o almeno non solo.
Diciamo che, a seconda della dotazione tecnologica, si possono distinguere 5 differenti tipologie di lettori nel campione indagato.
Tecno-curioso (32%): si tratta prevalentemente delle classi sociali centrali, professionalmente attive, tendenzialmente colte, con una dotazione tecnologica familiare medio-alta. Sono persone curiose, che hanno la capacità economica di dotarsi di tecnologia e sono interessate a farlo. Sono confidenti con i social, anche se vi si dedicano solo parzialmente. La tecnologie non sembrano in ogni caso distrarli troppo dalla lettura più tradizionale (libri, ebook, audiolibri), a cui accompagnano un accesso ai contenuti che passa per molteplici canali. L’accesso ai mondi narrativi, a contenuti culturali tipo quelli di saggistica, e a guide utili alla risoluzione di questioni quotidiane, passa innanzitutto per il libro, e poi dalla pay-tv (di cui sono spesso dotati), ma anche per i social network, il web e ovviamente il cinema.
Trendsetter (12%). Si tratta in questo caso per lo più di ragazzi giovani e giovanissimi (<25 anni), che vivono in case con molteplici device (smart tv, ereader, pay tv…), quotidianamente connessi a più social, compresi quelli più recenti come Snapchat. Amano i videogiochi, a cui si dedicano sia tramite playstation che via mobile, ma non rinunciano a cinema o mostre. Questo target si caratterizza più degli altri per una molteplicità di canali utilizzati per accedere ai contenuti: tra tutti emergono la pay tv e il cinema (per i mondi narrativi), i tutorial (per le ‘guide’), i social e il web per qualsiasi tematiche. Ma nonostante questa pluralità di vie per accedere ai contenuti è proprio tra questa tipologia che si trova la maggior quota di ‘grandi lettori’ di libri, consumati per lo più su più supporti (cartaceo, digitale, audio).
Mobile only (11%). Questo gruppo sociale è simile al precedente per connessione ai social (a cui accedono frequentemente), ma si discosta per la bassa dotazione tecnologica familiare. Lo smartphone diventa per essi il canale privilegiato di accesso ai contenuti (compresi video-giochi a contenuto narrativo), passando prevalentemente da social network e community. Sono anche lettori di libri, che leggono però in misura contenuta (lettori deboli).
Tecno-basic (27%). Poco dotati di tecnologie, conoscono e usano i social, ma solo i più comuni (Facebook in particolare) e solo in modo molto saltuario. Per tenersi informati sulle tematiche di attualità usano tipicamente gli strumenti più tradizionali, per lo più cartacei, quali quotidiani o riviste. Leggono libri, ma pochi e per lo più su supporto cartaceo.
Sconnessi (18%). Si tratta prevalentemente di persone di età più avanzata (>55), professionalmente non attive, spesso non connesse ad internet. SI informano su tematiche di attualità prevalentemente tramite quotidiani cartacei (compresa free-press) e via tv. Proprio tra questo target si trova la maggior quota di non lettori di libri.
Le conclusioni sono piuttosto ovvie, come si legge nel resoconto, appare l’immagine di un mondo tecnologico che non si oppone a quello editoriale, ma che sembra avere la potenzialità di alimentarlo, anche se gli editori non sempre sembrano (o vogliono) accorgersene.
Per questo è molto più interessante analizzare i dati dal punto di vista degli scrittori, dato che in realtà le tecnologie stanno consentendo una sempre maggiore disintermediazione nel rapporto tra scrittore e lettore. Eppure, gli autopubblicati, gli autori/imprenditori, in Italia faticano a sbarcare il lunario. Ecco cosa ci dicono i risultati del sondaggio svolto da SELFPQ e Extravergine d’Autore, sempre presentato a Tempo di Libri:
“Ben il 96,9% dichiara di non potersi sostenere con i ricavi dei libri autoprodotti.
Il dato è confermato anche dal numero degli ebook venduto dagli autori, infatti la maggioranza, un 23,7% ha venduto meno di 20 copie e un 23,3% da 20 a 50 copie. Solo il 9,4% dichiara di aver venduto da 1000 a 5000 copie”.
Proprio ieri ho ricevuto un’email da un lettore che sosteneva: “Il problema non è scriverli i libri, ma venderli!”.
E se non fosse proprio così? Se oggi per scrivere un libro, e venderlo, non si potesse prescindere dalle abitudini e dagli interessi dimostrati dai nuovi lettori?
Ad esempio, tornando ai dati dell’Osservatorio, è chiaro che per fruire dei contenuti digitali lo smartphone sta assumendo un ruolo predominante. Su questo dispositivo si legge, si gioca, si passa agevolmente dall’ebook, all’audiolibro, ai video. E non è un caso se i maggiori consumatori di libri si trovino proprio tra i i fruitori di Youtube. Lo stesso si dica per gli spettatori di serie in streaming: il 68% di chi ha letto un contenuto narrativo (cartaceo, audio o ebook) è utente delle pay tv.
La serialità, il raggiungere i lettori in qualunque momento e luogo si trovino, per catturare un attimo di attenzione, stanno giocando un ruolo fondamentale per il successo di una storia (non del libro). Osservate bene i formati proposti da Serial Box, Tapas Media, Simon & Schuster con Crave, oppure Wattpad con le Chat-story e, perché no, i chatbot su Messenger e Telegram.
Non è il libro che sta cambiando, ma la scrittura, bisogna solo decidere che tipo di scrittore essere.