Come lanciare un libro, se non hai lettori? 3 approcci alle Mailing List per esordienti

Foto di Kelly Sikkema su Unsplash

Succubi dei calcoli degli algoritmi, che ti costringono a pagare per ritagliarti un minimo di visibilità sui social come sulle librerie online, oggi la newsletter sembra essere rimasto l’unico mezzo per continuare a tenere saldo il ponte tra scrittori e lettori (come evocato dal nostro spirito guida). Via via che l’editoria è diventata terreno di caccia dei colossi del web, tantissime produzioni indipendenti e sperimentazioni letterarie sono sparite nel nulla; è stato deprimente constatare quante pagine irraggiungibili giacevano tra le mie liste dell’ormai fu Twitter: pagine di autori, riviste, piattaforme di scrittura, tutte scomparse. Cosa rimane di quella forma di creatività alimentata dallo spirito di condivisione prima ancora che dalla smania di pubblicare?
Molto poco.

Alcuni autori invocano il ritorno ai vecchi, cari blog, ma iniziare un diario personale, per di più un diario scritto nell’epoca dell’immagine (rivolta a se stessi), sembra un’operazione amarcord che può funzionare soltanto a costo di metterci fatica e impegno, senza alcuna certezza del risultato. Altri ancora stanno tentando con i gruppi Telegram: ora non so se capiti anche a voi, ma tutti quelli a cui mi sono iscritta, a tema libri e letteratura, dopo un po’ restano deserti, inoltre rimane sempre da chiedersi se i contatti raggiunti tramite l’app siano i tuoi o della piattaforma proprietaria. Cioè se Telegram decidesse di eliminare la funzione gruppi o canali, che fine farebbero i nostri lettori? Questa in realtà è un’argomentazione sempre valida, il nome Telegram è intercambiabile con quello di qualsiasi altro servizio, probabilmente anche Substack che sta andando per la maggiore tra gli scrittori che hanno deciso di usare la newsletter come canale preferenziale.
Va be’ allora chiudiamo tutto e ciao!

Eh no perché aprire una newsletter permette di superare diversi degli ostacoli che spesso intralciano il cammino degli autori indipendenti, primo fra tutti quello dei grandi numeri.

Come spiega Matt Holmes di WrittenWordMedia, è preferibile avere un pubblico di piccole dimensioni ma di veri lettori rispetto a pubblico enorme di persone che non fanno altro che scrollare decine di post al secondo e non ne dedicano più di un paio al tuo libro. Chi invece si ferma a lasciarti la sua email, con buona probabilità sarà anche propenso a ritagliarsi del tempo per leggerlo. Significa conquistarsi il permesso di interagire direttamente con queste persone, che si tratti di 5 o 50 iscritti, riuscire a ottenere un riscontro immediato sul proprio lavoro con tutti i benefici che ciò comporta (e che elencheremo più avanti nel post).

Il libro come startup

Questa pratica arriva dal mondo dello sviluppo del software e delle startup, dove un prodotto viene rilasciato in versione beta a dei tester che possono comprovarne l’efficacia o il corretto funzionamento, gratuitamente. Entrambe le parti ci guadagnano: gli utenti possono utilizzare un prodotto gratuito e gli sviluppatori minimizzare il rischio di un lancio fallimentare.

Anche un libro, come una startup, è un’impresa rischiosa perché facilmente cadrà nel vuoto se prima del lancio non ci si è accertarti che interessi a qualcuno la storia che racconta. Molti dei bestseller degli ultimi anni hanno beneficiato di questa forma di pubblicazione anticipata rispetto al rilascio della versione definitiva, After, The Martian, lo stesso Il mondo deve sapere, cui facevamo riferimento nel post in memoria del Web, è nato prima sotto forma di blog, come storia da raccontare direttamente ai lettori che solo in seguito sono diventati acquirenti del libro.

“Nonostante oggi sembri un iter consolidato, vendere un libro finito è un fenomeno molto recente e quasi reazionario”, scrive Peter Armstrong, autore del Lean Publishing Manifesto, riportando gli esempi noti di Dickens, Dostoevskij, Tolstoj i cui capolavori uscirono prima a puntate su delle riviste, ottenendo il successo che sappiamo.

self-publishing ebook

“I libri in volumi erano i formati in cui venivano ristampate serie di successo una volta completate. La serialità è stata il modo in cui veniva creata trazione per un libro”, continua Armstrong.

1. approccio di sviluppo

Queste dinamiche sono ancora replicabili nel 2025? In un certo senso sì, coinvolgendo i lettori, più che in storie ad alto tasso di suspense, nel processo stesso di scrittura e nel percorso verso la pubblicazione. Si può tentare di inviare ai propri iscritti la storia in via di sviluppo, capitolo dopo capitolo, per coinvolgerli nel processo creativo e stare a vedere dove i contributi dei lettori conducono la trama; oppure, scegliere di inviare al proprio nucleo di lettori il testo soltanto una volta terminato, per ottenere commenti mirati su alcuni aspetti che ancora non ci convincono (lo stesso metodo si può applicare alla scelta della copertina e del titolo, creando dei veri e propri contest), il punto è che ogni volta che si seguono le indicazioni dei lettori è come se si inviasse loro un messaggio: la tua opinione è importante perché le mie storie sono scritte per te.

Costruirsi una propria mailing list può essere determinante proprio per tenere presente che scrivere non riguarda noi stessi ma chi sta al di là della pagina, e questo è ancora più vero se si tratta di persone con cui si è in contatto diretto. Certo non tutti ci concederanno la stessa disponibilità, qualcuno si cancellerà dalla lista dopo appena un paio di messaggi (ahimè), qualcun altro resterà silente, ma il fine è proprio scovare dal mucchio i lettori veramente interessati, quelli che saranno poi disponibili a creare passaparola e lasciare una recensione quando il libro sarà fuori.

I numeri per un lancio efficace

Preparando questo post ho letto un po’ di statistiche riguardanti le newsletter per scrittori, per capire se funzionano davvero oppure no. E come sempre il buon Rob Eagar si è rivelato una fonte preziosa di dati: “Ho lavorato con un’autrice che aveva oltre 1.000.000 di follower sui social media”, scrive nella sua newsletter (appunto), “un altro cliente era un autore che aveva oltre 500.000 follower. Quando entrambi hanno lanciato i loro nuovi libri, abbiamo monitorato i risultati e siamo rimasti scioccati dalle scoperte. Meno dell’1% dei follower sui social media ha effettivamente acquistato una copia. Inoltre, la posta elettronica solitamente offre tassi di apertura del 17% – 35%, mentre la maggior parte dei post sui social media raggiunge solo il 7% – 15% dei follower”.

D’accordo, mi direte, ma se questo pubblico è fatto di meno di 100 iscritti? Molto meglio avere avere un 1 milione di follower… Vi riporto allora le parole di Tim Grahl, che dell’aiutare gli autori a raggiungere la classifica dei bestseller ne ha fatto un mestiere: “Nella mia esperienza, devi chiedere a circa tre volte più persone rispetto al numero di recensioni a cui stai puntando. Quindi devi trovare almeno 75 nomi per finire con 25 recensioni.”

Se diffidate delle dritte dei guru del marketing (ci sta), che ne dite allora di prendere ad esempio un vero artista indipendente come Lorenzo Ghetti? Ho letto del suo “Progetto di responsabilità collettiva” in un articolo di Ersilia Rappazzo per Librogame’s Land Magazine.

2. approccio creativo/interattivo

AUT, questo progetto di responsabilità collettiva che altro non era se non una newsletter interattiva in cui la protagonista si muoveva in base al voto dei partecipanti. Bastava cliccare sulla scelta che si preferiva e il sistema registrava il risultato, i dati venivano conteggiati e la settimana successiva un altro capitolo della storia usciva in base alla maggioranza delle risposte […] chi leggeva diventava a tutti gli effetti parte della trama. Mese dopo mese AUT si trasformava, sotto i nostri occhi di lettori e partecipanti, da storia letta passivamente a esperienza vissuta attivamente e collettivamente. Quest’avventura non era stata scritta a priori, ma veniva creata man mano. Si trattava quindi di qualcosa di unico, capace di prendere una forma diversa a seconda delle scelte dei giocatori, e sono convinta che le identità e le sensibilità dei partecipanti abbiano avuto anche un ruolo di fondamentale importanza.

Tutto ciò a dispetto dei numeri, come spiega ancora l’articolo, a fronte dei circa 150 iscritti alla mailing list, i partecipanti che hanno risposto e interagito costantemente sono stati una quindicina, mentre quelli che hanno preso parte alle votazioni sono stati una cinquantina.

estratto di un capitolo del progetto AUT di Lorenzo Ghetti, newsletter interattiva

Per loro, Ghetti sapeva di dover creare qualcosa di unico che permettesse di entrare nella narrazione, starci dentro per un tempo limitato e poi uscirne, il tutto nell’arco di uno scambio di mail. E ci è riuscito. In nessun librogame che ho letto mi è mai capitato di sperimentare un livello di coinvolgimento tale, ci tiene a sottolineare l’autrice dell’articolo, nonché partecipante ad AUT.

I benefici della mailing list

Credo che il caso di Ghetti possa essere di ispirazione per quanti incentrano la propria newsletter su contenuti narrativi, invece di urlare COMPRA IL MIO LIBRO, bisognerebbe dare ai lettori un motivo per restare, coinvolgerli in un universo narrativo in cui possano navigare, dunque anche condividere con loro tutti quegli aspetti della storia che non sono andati a finire nella versione pubblicata: trame o finali alternativi, spin-off su personaggi secondari, scene tagliate e così via, che abbiano comunque un forte legame con la storia principale e invoglino ad acquistare il libro.

Questo prolunga il ciclo di vita di un titolo, più di quanto facciano i social che si basano sul clamore momentaneo. Soprattutto vi terrà motivati a scrivere, e qui passiamo all’ultimo dei benefici che si possono ottenere lanciando una newsletter: scansare il rischio di lavorare in isolamento, senza sapere se qualcuno sarà mai disposto a leggere ciò che state scrivendo, se avete la motivazione necessaria per portarlo a termine e se è abbastanza buono per essere poi pubblicato. In alternativa alcuni autori, i più fortunati direi, provano ad assicurarsi un contratto con una casa editrice, presentando una bozza di progetto prima di iniziare seriamente a scrivere. Ma con questo nuovo approccio al lancio, entrando cioè in contatto anticipato con quelli che saranno i veri fruitori del manoscritto, potreste invece accorgervi di essere migliorati nella scrittura e cresciuti così tanto da non avere nemmeno più bisogno di cercare un editore per pubblicarlo (Seth Godin docet).

3. approccio di squadra

Se sei alle prime armi e non sai davvero da dove cominciare per trovare i tuoi lettori, puoi contare sulla rete di supporto di Self (Publishing) Assistant; come tua Assistente editoriale, ti propongo un’offerta che comprende ben 6 settimane di sponsorizzazione a partire dalle primissime fasi della realizzazione del libro, fino al suo lancio online all’interno del catalogo EA. Ti spiego tutto nelle Q&A dell’iniziativa, oppure contattami se vuoi entrare in squadra.

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