Il lieto fine di questo libro arriva inaspettato e ti fa buttare giù il groppo alla gola che ti attanaglia durante tutta la lettura.
Cecità, di José Saramago è un romanzo difficile da leggere, sia per la punteggiatura – fatta esclusivamente di virgole a intervallare descrizioni dialoghi soliloqui dell’uno o del tal altro personaggio – sia per la trama decisamente cruenta.
Cosa accadrebbe se tutti, membri di una comunità, di una città o dell’umanità intera, perdessimo la vista? Esistiamo anche se gli altri non possono vederci? O meglio, esiste il mondo anche quando nessuno può vederlo e goderne?
Saramago non risponde a queste domande, ma le pone al lettore mano a mano che la trama si dispiega davanti ai suoi occhi di vedente. Sceglie sette personaggi, tra tutta la popolazione infetta dalla Cecità bianca e attraverso le loro vicende ci mostra quanto può essere fragile l’equilibrio su cui abbiamo costruito l’intera società, quale livello di abbrutimento possiamo raggiungere quando solo uno degli ingranaggi si inceppa.
I nostri sette ciechi finiscono in quarantena e all’improvviso si ritrovano ad essere diversi, discriminati e vessati per un aspetto del loro essere che non hanno certo voluto.
Le violenze cui vengono sottoposti, non sono diverse da quelle che realmente accadono, ad esempio, in un campo di concentramento. Ma non è questa la similitudine che cerca Saramago – sarebbe troppo scontata per uno scrittore da Nobel – perchè in Cecità, prima o dopo, diventano tutti ciechi, tutti di nuovo alla pari nella lotta per la sopravvivenza, tutti accomunati dallo stesso destino di soccombere alle leggi della natura.
Il punto è: allora, siamo sempre e comunque tutti ciechi difronte alla vita?
Ci sarà pure un governo, disse il primo cieco, Non credo, ma, nal caso ci fosse, sarebbe un governo di ciechi che vogliono governare dei ciechi, e cioè, il nulla che pretende di organizzare il nulla, Allora non c’è futuro, disse il vecchio dalla benda nera, Non so’ se ci sarà futuro, ma adesso si tratta di sapere come potremo vivere in questo presente, Senza il futuro il presente non serve, è come se non esistesse, Può darsi che l’umanità riesca a vivere senza occhi, ma allora non sarà più umanità, il risultato è evidente, chi di noi si considera ancora altrettanto umano di quanto credeva di essere prima [..]
3 risposte
Che vergogna, un altro l’ho scritto con l’apostrofo… è proprio vero che c’è sempre da imparare da sé stessi… 😀
Saramago usa la cecità in un senso simbolico e, per questo, non è la vera cecità degli occhi a essere coinvolta in tutti i suoi aspetti. Lo dico perché c’è un aspetto, dietro a due occhi che non vedono più, che apre la consapevolezza a un’altro modo di vedere il mondo e noi stessi, una sensibilità speciale, dolorosa come tutte le sensibilità, che interpreta sfumature che la vista usuale nega, sviata dal teatrino delle illusioni, spettacolo senza tregua, promosso e avviato per camuffare le reali intenzioni degli attori che vorrebbero celare la verità che ignorano.