Quando ci risponde per la nostra serie di interviste dedicate agli scrittori italiani under 40, Giorgio Fontana lo fa senza mostrarsi troppo reticente nei confronti del nuovo che avanza.
La pubblicazione digitale?
Che dire: il mio ultimo romanzo è disponibile in formato ebook e collaboro con diverse testate online…
Nulla di strano, infondo è un ragazzo dell’81 e come molti altri ha trovato grazie alle nuove tecnologie uno sbocco professionale. Quello che ci stupisce è che dopo aver pubblicato tre romanzi, un reportage narrativo, un saggio e diversi racconti, Fontana non si presenta come “Scrittore”.
Faccio l’editor di una rivista online dedicata al marketing digitale, quindi mi interesso molto alle nuove tecnologie e al loro rapporto con l’evoluzione dell’editoria. Da cinque anni inoltre tengo un blog personale che aggiorno regolarmente. (Posseggo anche un Kindle, ma non un tablet né uno smartphone).
Non ho alcun pregiudizio verso il mezzo, dipende solo dalle modalità in cui viene utilizzato e dal tipo di testo che si vuole proporre. E’ un discorso molto ampio, difficile da riassumere in una singola risposta.
Allora raccontaci come è avvento il tuo esordio di scrittore.
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Il mio primo libro è stato pubblicato nel gennaio 2007. Prima di allora avevo scritto qualche altro romanzo, debitamente cestinato oppure rifiutato. In precedenza però avevo pubblicato su qualche rivista – “Linus”, in particolare – ed ero nella redazione del pamphlet letterario “Eleanore Rigby”. Diciamo che cominciavo a muovere i primi passi: non sapevo quasi nulla di quel mondo e avevo le idee molto confuse.
Cosa ne pensi del self-publishing?
Si tratta di un argomento molto complesso. Se si tratta di editoria a pagamento, mi sembra una truffa e una contraddizione in termini. Se si tratta di self-publishing che sfrutta le nuove piattaforme digitale, può essere un esperimento interessante: il punto però rimane quello, eterno, della scrematura del rumore di fondo.
Apro un portale che contiene titoli auto-pubblicati: come faccio a selezionare ciò che mi interessa e penso mi piaccia?
D’accordo, c’è la divisione in generi, ci sono le recensioni degli utenti. Ma il ruolo di un editore mi sembra comunque indispensabile: per dare una linea culturale e un’impronta precisa e riconoscibile – stabilire una continuità e fare quel compito di selezione e cura che nessun lettore ha modo di fare dal basso, sia per mancanza di tempo che di strumenti. Che poi molta editoria non sia oggi all’altezza di questo compito, è un altro discorso.
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