Si chiamano Antonio Di Jemma, Gaetano Flores, Carmen Monteneri e Angela Lungaro, vengono tutti da Palermo e hanno tutti un profilo su Facebook. Eppure, sono i personaggi di un libro: “Il silenzio imperfetto”, ultimo romanzo di Aldo Penna.
Noi li abbiamo contattati, abbiamo parlato con loro grazie agli strumenti che Facebook mette a disposizione dei suoi utenti e alla complicità di un autore arguto come Penna. Un tale livello di sperimentazione era forse impensabile prima dell’avvento dei social netwrok: entrare in contatto con personaggi il cui raggio di azione, altrimenti, si sarebbe limitato al numero finito delle pagine di un libro.
Così, invece, il commissario Di Jemma, il giornalista Flores e le sue donne, continuano tutti i giorni con i loro “status” a raccontarci la storia della loro città, rievocano delitti eccellenti, svelano connivenze fra mafia e politica.
Commissario Di Jemma, dal suo profilo si evince che ha avuto anche un’esperienza di vita a Napoli, ci chiedevamo se, come uomo di Stato che conosce le organizzazioni criminali, si possono riscontrare delle differenze tra le due città.
Esistono due modalità differenti di combattere la criminalità organizzata? Conoscere queste differenze, se esistono, può aiutare la lotta alla mafia? Davvero mai come in questo periodo storico la lotta alla mafia è stata così efficace, tanto quanto sostiene la politica?
Palermo e Napoli sono le due capitali del sud Italia, le gemelle corrose e calpestate. In ambedue le città la mafia e la camorra hanno il controllo di ampi territori, estorcono denaro, amministrano una violenta e immorale forma di giustizia criminale. Le analogie si fermano sulla soglia del potere.
La mafia vive attraverso il potere, non può farne a meno. La camorra è più diffusa meno gerarchica, con legami più complessi. L’efficacia della lotta alla mafia poggia sul sangue di eroi che hanno dato le idee e poi la vita per combattere la criminalità. Ma la vera rivoluzione sono state le innovazioni tecniche nell’investigazione e le leggi sul sequestro dei patrimoni e sulla protezione dei collaboratori di giustizia.
A Napoli come a Palermo ci sono politici collusi e politici coraggiosi. La lotta militare per sconfiggere mafia e camorra non basta. Occorre demolire i loro miti, tessere una nuova trama culturale e intervenire sull’enorme fascia di povertà che speso si consegna obbediente e riverente all’ideologia mafiosa.
Gaetano Flores, lei ha una ventennale esperienza come giornalista, cosa significa oggi fare il cronista a Palermo?
E’ più facile raccontare la mafia oggi o si corrono gli stessi rischi, che hanno poi portato alla morte di professionisti come Fava, De Mauro e i tanti altri caduti per raccontare la verità?
La mafia ha imparato che colpire i suoi avversari rischia di provocarle più danni che vantaggi. Così è stato negli anni del delirio di potenza che li ha condotti attraverso un quindicennio di attentati e stragi ad abbattere ogni vertice politico imprenditoriale e istituzionale del paese. La reazione delle istituzioni e della società civile ha inferto alla mafia i danni maggiori degli ultimi cinquanta anni.
Questo non significa essere immuni alla violenza mafiosa. L’unica vera difesa è la condivisione, il lavoro di squadra, lo sviluppo dei movimenti. Per i giornalisti è difficile. Noi spesso lavoriamo in solitudine attraverso pazienti cuciture di fatti a volte insignificanti. Tra i nomi che elenchi dimentichi Mario Francese, un cronista di nera come me, ucciso per aver visto dove gli altri chiudevano gli occhi. Io cerco di essere soltanto un buon professionista, di scrivere senza compiacere, di raccontare senza riverenze. Ma la ricerca della verità è sempre rivoluzionaria e i minacciati dal vento liberatorio a volte reagiscono duramente.
Carmen e Angela, la condizione della donna non è delle più semplici in Italia oggi, è ancora più difficile in una città del Sud come Palermo?
Cosa credete dovrebbe cambiare e cosa desiderate come donne che provano a vivere la propria indipendenza?
Angela: per fortuna gli stereotipi sono stati demoliti. Oggi una donna siciliana, almeno in una grande città, può vivere liberamente la sua vita anche senza un marito o un compagno accanto. Forse ci si ammala di solitudine, ma le maldicenze non feriscono più. e io dopo un matrimonio andato a rotoli vivo con intensità ogni attimo senza dovermi fermare a interrogarmi cosa pensa e dice la gente.
Carmen: quello che rende diverse le donne del sud dalle altre è il lavoro. Quando le donne lavorano sono libere, possono decidere. Al sud, a Palermo, molte donne sono imprigionate nell’area del non lavoro e questo le rende deboli. Le conquiste liberatorie dei decenni passati sono ancora intatte e le donno percorrono una strada nuova e diversa. Liberarci dalla mafia significa restituire alla donne maggiori opportunità di lavoro e speranza, e fornire alle madri, alle figlie, alle mogli dei mafiosi, la possibilità di mutare il loro destino.
Dall’introduzione di Antonio Ingroia:
“Molti libri hanno affrontato il rapporto mafia-politica, in genere all’interno di saggi che partivano dall’esame di fatti oscurati o tralasciati dalla cronaca. In questo libro, invece, che è un romanzo, la mafia si muove sullo sfondo, per poi rivelarsi nella sua crudezza ed efferatezza. Fenomeno che muta, cambia, si adatta […]
Nel libro di Aldo Penna emerge l’intreccio tra poteri legali e poteri criminali che ha caratterizzato la cronaca di questi anni…”.